Tra i Dieci Comandamenti della cucina italiana troviamo quanto segue: “Non mettere mai la panna nella carbonara; non mettere mai l’ananas sulla pizza e non mettere mai il formaggio su un piatto di pesce”. Le leggi sono costantemente sfidate dagli stranieri e incontrano una serie di reazioni da parte degli chef italiani. Un recente incidente è scoppiato sui social e sui tabloid europei dopo che il proprietario di un tradizionale ristorante italiano a Londra ha cacciato un cliente dal suo locale perché ha avuto il fegato di chiedere il Parmigiano grattugiato sui ravioli al granchio.
Anche il Consorzio del Parmigiano-Reggiano è entrato nel dibattito: “Chi dice che non si mette MAI il parmigiano sul pesce? È un mito da sfatare”. I gusti dei clienti e la voglia di sperimentare degli chef evolvono nel tempo. “I grandi chef utilizzano il re dei formaggi abbinandolo a frutta e verdura, per impreziosire carne e pesce e persino per preparare gustosi dolci”. Alcuni cuochi dicono che non si può generalizzare: Non tutto il parmigiano ha le stesse note di sapore e sta al talento dello chef scegliere quelli più adatti alle diverse combinazioni di gusto. Il consorzio continua: “Un Parmigiano-Reggiano di 12 mesi – delicato, con sentori di latte, yogurt e frutta fresca – è perfetto per arricchire le insalate e si abbina bene a un vino bianco frizzante; un parmigiano di 36 mesi ha un sapore più forte – con note di spezie, frutta secca e brodo di carne – ed è ideale per le paste ripiene o da gustare alla fine di un pasto con frutta e miele, accompagnato da Marsala o anche una grappa trentina”.
Mentre l’uso del Parmigiano Reggiano è cambiato nel tempo, il modo in cui viene realizzato è un inno alla tradizione. Non è fabbricato industrialmente; piuttosto è fatto solo da mani esperte e sotto gli occhi attenti dei formaggiai che usano gli stessi metodi artigianali tramandati dal XIII secolo. È prodotto con latte vaccino nelle province di Parma, Reggio Emilia, Bologna e Modena; le mucche sono alimentate solo con erba o fieno. Si aggiungono siero di latte e caglio di vitello. Seguendo diverse procedure, il formaggio viene messo in forme di acciaio inossidabile che vengono stretti con una fibbia a molla (un tocco di modernità). Dopo un giorno o due, la fibbia viene rilasciata e una cintura di plastica su cui è impresso con il nome del Parmigiano Reggiano, il numero dell’impianto, il mese e l’anno di produzione vengono messi attorno al formaggio e la forma di metallo viene di nuovo rimessa. La ruota viene quindi immersa in
un bagno di sale, l’unico additivo del processo. Le ruote vengono trasferite in magazzini di stagionatura e collocate su scaffali di legno che possono contenere 24 formaggi in altezza e 90 formaggi per lunghezza, per un totale di 2.160 ruote per corridoio. La ruota media è alta 18-24 cm, ha un diametro di 40-45 cm e pesa circa 38 kg.
Dopo 12 mesi, il Consorzio del Parmigiano Reggiano ispeziona ogni ruota. Un maestro selezionatore tocca la ruota per identificare eventuali crepe o vuoti. Le ruote che passano sono marchiate a caldo sulla crosta con il logo del consorzio. Le ruote possono essere ulteriormente invecchiate. Fondato nel 1928, il Consorzio stabilisce e applica gli standard di produzione del formaggio e tutti i produttori ne fanno parte. A partire dal 2017 vengono prodotte annualmente circa 3,6 milioni di ruote. L’Unione europea ha designato il Parmigiano-Reggiano (dalle province specificate) come prodotto DOP (Denominazione di Origine Protetta). Al di fuori dell’UE, il nome “Parmesan” può essere
utilizzato legalmente; tuttavia, ci sono molte pratiche ingannevoli e ambigue che fanno apparire alcuni prodotti realizzati come se fossero fatti in Italia. Secondo Coldiretti, (l’organizzazione che rappresenta gli interessi agricoli in Italia e nell’Unione Europea), queste pratiche ingannevoli iniziate con gli Stati Uniti e con il Parmigiano Reggiano. Questo formaggio è così apprezzato in Italia, che anche la mafia va a caccia di camion per contenenti Parmigiano. Tra il 2013 e il 2015, la criminalità organizzato ha rubato 2.039 ruote dai magazzini italiani.
Forse il furto e l’inganno dovrebbero essere i veri tabù. Mettere il re dei formaggi sui piatti di pesce sembra molto meno eretico.