La lunga ombra di Salvatore ‘Totò’ Riina

Un curriculum impressionante: La sua “carriera” iniziò negli anni ’50 con una serie di crimini.  Dopo una pena detentiva, è stato latitante per 24 anni.  Era responsabile per migliaia di omicidi.  Poi è stato in prigione per 24 anni scontando una pena di 26 ergastoli.  Trasformò il crimine organizzato siciliano in un’organizzazione terroristica.  Rimase “Capo dei capi” della mafia fino alla sua morte in un ospedale della prigione di Parma all’età di 87 anni.  Ha vissuto in un carcere duro per i reclusi più pericolosi.

Totò Riina non si pentì mai.  Omertà fino alla fine.  Il giorno della sua morte, nel novembre 2017, una delle sue figlie ha lasciato un messaggio su Facebook: una foto di una rosa nera sovrapposta a una faccia di donna semi-oscurata.  L’indice, tatuato con “shhh”, davanti alle sue labbra.  Silenzio.

La storia di Riina è soprattutto la storia di un gruppo di malviventi crudeli e spietati della città di Corleone in Sicilia, che stava scalando la gerarchia di Cosa nostra, che aveva le sue regole, le sue leggi, la propria morale distorta.  Il battesimo criminale di Riina iniziò all’età di 18 anni quando uccise un ragazzo durante una rissa.  Come era normale allora, fu reclutato dalla mafia quando uscì dalla prigione.  Durante gli anni ’70 e ’80, quando era in fuga, ordinò migliaia di morti, molti dei quali ne fu il diretto responsabile.  Nel 1979, l’estate del terrore, scatenò una guerra che devastò la Sicilia.  Nel 1981 la sua forza militare gli permise di eliminare apertamente tutti i capi delle famiglie che gli resistevano, facendolo diventare il “Capo dei capi”.

Riina uccise e ha fatto uccidere carabinieri, magistrati, sindacalisti, giornalisti, medici, e funzionari regionali e politici.  Tra i più notevoli ci furono Piersanti Mattarella, il presidente della regione in quel periodo e fratello di Sergio Mattarella, attuale presidente della Repubblica; e Carlo Alberto Dalla Chiesa, che fu inviato in Sicilia per frenare la mafia.  La maggior parte furono vittimi innocenti in un conflitto per consolidare potere e territorio.

Poi il Maxiprocesso iniziò nel 1986 guidato da due coraggiosi magistrati, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (vedete i due post “Il Coraggio di Essere Eroi” agosto 2017).  Ancora latitante, Riina fu condannato in contumacia all’ergastolo.  Quando la sua sentenza divenne definitiva (dopo gli appelli), Riina dichiarò guerra allo Stato e ai due giudici che lo fecero condannare.  Falcone e Borsellino furono uccisi dalle autobombe a due mese di distanza nel 1992.

Riina fu catturato nel gennaio 1993 a Palermo.  Non aveva mai lasciato la Sicilia.  C’è chi dice che Bernardo Provenzano, un collega corleonese, “lo vendette” alle autorità.  Quando il suo volto fu apparso per la prima volta in televisione il giorno dell’arresto, sorprese tutti.  Nessuno immaginava che un personaggio così goffo, piccolo, dagli occhi spiritati, potesse essere il mafioso feroce che le cronache giudiziarie avevano dipinto.

Durante l’incarcerazione di Riina, i funzionari pubblici provvidero a intercettarlo per capire meglio i suoi pensieri, metodi, e relazioni con la gente all’interno e all’esterno della mafia.  Ciò che emerse furono strani sproloqui.  Riuscì a dire tutto e il contrario di tutto.  In carcere, Riina parlava e straparlava con i suoi compagni durante le passeggiate all’ora d’aria.  Non sorprende che di fronte a un giudice, non aparì bocca. Silenzio.

Senza dubbio, aveva manie di grandezza: “Sono diventato una cosa immensa, sono diventato un re” e  “Io ho fatto sempre l’uomo d’onore, la persona seria…Io sono un gran pensante.  Io sono orgoglioso di tutto quello che ho fatto”.  E lui si vantava dei suoi omicidi.  Sulla morte di Falcone, “Gli ho fatto fare la fine del tonno”.  Si vantava dell’omicidio del generale Dalla Chiesa, e rivendicò la responsabilità del massacro di Borsellino in una delle sue ultime intercettazioni.

Sarà interessante vedere come la mafia evolverà dopo la morte di Riina.  Si ritiene che né la Camorra né la ‘‘Ndrangheta desiderano imitare Riina.  Prima di lui, la mafia operava in segreto e non desiderava attirare l’attenzione dei riflettori.  In questo modo, le persone potrebbero concepire la mafia come una band di malviventi senza coordinazione e potere.  Ma quando Riina scatenò il terrore sullo Stato—il suo marchio di potere—accese i riflettori sulla mafia e causò un immenso contraccolpo.

Molto rimane misterioso sui rapporti di Riina e le sue connessioni.  Porterà i suoi segreti con lui nella tomba.  Ma le indagini sugli omicidi di Falcone e Borsellino sono in corso…anche dopo 25 anni.  Le ultime inchieste all’avanguardia sono state condotte su prove ritrovate vicino al cratere di Capaci dove è esplosa la macchina di Falcone: due guanti, una torcia, e un tubo di mastice.  Una misteriosa coppia era presente vicino all’attacco nel pomeriggio del 23 maggio 1992.  Finora, non ci sono fiammiferi di DNA.

I misteri continuano….

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