Ricongiungimenti felini

Ho scritto diversi post sulle incredibili storie di gatti smarriti che, contro ogni previsione, hanno poi ritrovato i loro proprietari. Il primo post (“Una storia commovente grazie a Facebook”, 9 ottobre 2014) racconta la storia di Ciro, un gattino bianco e nero che abitava a Monza, una cittadina a 15 chilometri a nord di Milano. Intorno al 2010, Ciro è saltato o  è caduto dal balcone di casa sua. Chiara, la padrona, lo ha cercato a lungo, tappezzando il proprio quartiere con la sua foto. Un anno dopo, una gattara ha salvato un gatto che viveva in una colonia felina. Il gatto era visibilmente sofferente e malandato. Il gatto non sarebbe sopravvissuto da solo, quindi lo portò al rifugio dove lo chiamarono Connor. Undici mesi dopo, Connor non era ancora stato adottato. Così i volontari del rifugio pubblicarono le foto di Connor su Facebook e Chiara le vide. Quando arrivò al rifugio, gridò “Ciro!” Il gatto “drizzò le orecchie” e corse subito da lei.  Fu un momento incredibile ed emozionante … per tutti i presenti.

Poi ho scritto di Ogghy (“Un gatto eccezionale”, 9 febbraio 2017), un gatto tigrato che viveva a Scandicci, un comune a sud-est di Firenze. Quando la padrona Bella è andata a trovare sua cugina in Maremma, vicino al mare in Toscana, ha portato Ogghy con sé. Ma ad Ogghy non piaceva stare lontano da casa, così scappò, riuscendo ad aprire la zanzariera della finestra. Bella ha cercato ovunque, ha affisso poster, pubblicato post sui social media e ha chiamato i gattili di tutta la zona. Un anno e cinque mesi dopo, Bella ha aperto la porta di casa sua a Scandicci e non poteva credere ai suoi occhi.  Proprio lì, davanti a lei c’era Ogghy. Era quasi irriconoscibile; era pelle e ossa. Nessuno saprà mai come Ogghy aveva percorso 140 chilometri nell’arco di un anno e cinque mesi. Ha viaggiato tutta la Toscana, da sud a nord, attraverso campi, città e strade trafficate. Ma quando è tornato a casa, è andato alla sua ciotola di cibo e poi si è sdraiato sul suo pouf preferito.

Ora sono venute alla luce due nuove incredibili storie. La prima da Faenza, una città a sud-est di Bologna: Monica possedeva Mandarino, un tabby arancione, dal 2000, lo aveva preso da cucciolo.  Era un esuberante esploratore e un giorno nel 2012 è fuggito dal giardino di Monica e non è stato più trovato, nonostante tutte le ricerche e i messaggi. Otto anni e due mesi dopo, un gatto anziano è stato trovato in una strada dall’altra parte della città rispetto alla casa di Monica ed è stato portato alla protezione animali locale. Era disidratato, magro e cieco. Attraverso le foto su Facebook, Monica sapeva che il gatto era il suo mandarino. Il momento del riconoscimento al rifugio è stato molto emozionante: “Non appena ha sentito la mia voce, è impazzito e ha iniziato a cercarmi”, dice Monica. Ma c’erano altre prove: Mandarino aveva avuto un incidente prima della sua scomparsa, aveva perso un occhio e aveva riportato fratture al naso e al palato, molto evidenti per i veterinari. Ma era di più, Mandarino aveva da sempre un’abitudine particolare, cioè quando in braccio gli piaceva mettere le zampe intorno al collo e picchiettare la testa sul mento. Ormai a 21 anni, Mandarino è a casa, viziato e coccolato.

Patches apparteneva a Josie, una donna morta nella tragica alluvione del gennaio 2018, a seguito dell’incendio che aveva distrutto la vegetazione sulle colline sopra Montecito, in California. La casa di Josie è stata distrutta e tutti credevano che Patches fosse morta insieme alla sua “mamma”. Ma dopo tre anni è tornata vicino a dove si trovava la sua casa. È stata portata in un rifugio per animali e i volontari hanno visto che aveva un microchip. Quando hanno scoperto che Josie era la padrona deceduta, hanno contattato la famiglia, in particolare il compagno di Josie, Norm. È stato travolgente per lui quando è venuto a reclamare Patches al rifugio. Patches era in ottime condizioni, ma resta il mistero su dove sia stato Patches negli ultimi tre anni.


Questi ricongiungimenti sono rari, soprattutto dopo il passare di così tanto tempo, ma sono dovuti al lavoro delle agenzie, ai servizi della protezione animali, ai social, ai microchip e all’incredibile senso di casa e di fiducia che hanno i gatti. In un post intitolato “I Pet Detective” (17 dicembre 2017), ho scritto di un’azienda negli Stati Uniti e in Italia che lavora per trovare animali domestici scomparsi. Le squadre di Pet Detective utilizzano le stesse tecniche che la polizia usa per risolvere i casi sulle persone scomparse.  Tra le più sofisticate tecniche ci sono l’uso di ragionamenti deduttivi, il profilo comportamentale, teoria della probabilità di ricerca, raccolta di prove forensi, trappole umane e l’uso di attrezzature high-tech. Prima di tutto, tuttavia, il team crea un profilo dell’animale scomparso … in linea con la convinzione che ogni proprietario ha, vale a dire: “il mio bambino ha caratteristiche uniche”.

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1 Response to Ricongiungimenti felini

  1. JEAN PERLOFF says:

    Ben scritto, molto comuovente.

    Sent from my iPhone

    >

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