È considerato uno dei progetti archeologici più ambiziosi della storia. L’obiettivo del Grande Progetto Pompei è quello di trasformare un sito in grave rovina in una vetrina impareggiabile e di costruire una raffigurazione dettagliata, sfaccettata, quasi fotografica
dell’Italia romana. Nel 2012 le autorità del sito hanno ricevuto una sovvenzione di emergenza di 75 milioni di euro dall’Unione europea e altri 30 milioni di euro dal governo italiano. Il professor Massimo Osanna, un archeologo visionario, è stato nominato sovrintendente nel 2014. Sta applicando un approccio chiamato “archeologia globale”, che arruola un vasto team interdisciplinare di competenze scientifiche, accademiche e pratiche nello studio di siti antichi.
Considerando che solo circa 3 archeologi avevano lavorato a Pompei in passato, ora ci sono più di 200 esperti al lavoro, inclusi 12 architetti e 12 archeologi. Il team comprende anche muratori, elettricisti, idraulici, pittori, carpentieri, fotografi, dentisti, antropologi, radiologi, biologi, geologi, tecnici di mappatura, informatici, ingegneri medici, idro-ingegneri ed esperti nel restauro artistico.
Insieme stanno restaurando ed analizzando l’opera pioneristica di Giuseppe Fiorelli, un sovrintendente ottocentesco di Pompei, che ha iniettato gesso nei blocchi di cenere che racchiudevano i morti, creando dei movimenti evocativi dei loro cadaveri. Oggi usano una resina invece del gesso perché è più resistente e non distrugge le ossa, permettendo ulteriori analisi. Gli esperti oggi usano anche tecnologie avanzate per compilare i profili genetici delle vittime – non solo sesso ed età, ma anche dove sono nati e quali occupazioni hanno tenuto. Studiano i resti del cibo per ottenere ulteriori indizi sulle abitudini alimentari e stanno studiando case e affreschi restaurati per ricostruire la vita quotidiana degli abitanti. Stanno anche raggruppando risultati medici con altri dati per costruire un censimento della comunità scomparsa.
Quello che sta emergendo è uno straordinario ritratto della città e dei suoi cittadini, che combina nuove scoperte con prove che confermano le teorie precedenti. Come New York e altre città moderne, la Pompei del primo secolo era una comunità molto dinamica con quartieri multiculturali e persone che parlavano molte lingue. Osanna dice anche che sono stati trovati elenchi di nomi e “molti sono riconoscibilmente quelli del liberti”, che erano schiavi liberati con origini in tutto l’impero romano: Grecia, Nord Africa, persino la Gallia Celtica. Pompei era una comunità benestante di cittadini romani, stranieri naturalizzati e liberti che divennero molto attivi nel commercio internazionale.
Pompei potrebbe essere uno specchio dei nostri tempi anche in altri modi. Le loro diete erano simili a quelle della California di oggi con cereali, tra cui grano, avena e orzo, accompagnate da ceci, frutta e noci, e accentuate da spezie e prelibatezze importate da aree lontane come l’Egitto e la penisola arabica. Eppure i locali spesso pranzavano nei ristoranti “fast-food” nei negozi chiamati thermopolia, che avevano banconi in pietra con recipienti di terracotta scavata che contenevano pasti precotti.
L’analisi continua e produrrà risultati più incredibili. Nel frattempo, il Grande Progetto Pompei sta anche puntellando le facciate erose e installando tubi di drenaggio in tutto il sito. L’illuminazione perimetrale e la videosorveglianza sono state installate ovunque, così come la copertura wifi. Le mostre e gli eventi si svolgono ora sul posto e gli alloggi fuori sede sono migliorati per il comfort dei visitatori.
La prossima volta: Scoperte straordinarie nel 2018.