Usando il loro incredibile senso dell’olfatto, i cani oggi fanno molti tipi di lavoro per gli umani. Rilevano segni di diabete, il morbo di Parkinson e il cancro, e molti altri disturbi. Lavorano a fianco dei militari, in operazioni speciali per fiutare esplosivi nascosti. Collaborano con i funzionari doganali alla ricerca di merce da contrabbando, come droghe e avorio. Sono cercatori di tartufi e funghi per il nostro piacere culinario. E, come ho scritto prima, i cani sono partner inestimabili nelle squadre di ricerca e soccorso in seguito a disastri naturali. (Vedi i post su “I Cani da Soccorso” febbraio 2018 e “La Search Dog Foundation” agosto 2021.)
I cani hanno 300 milioni di recettori olfattivi rispetto ai 6 milioni degli esseri umani. La parte del cervello dedicata all’analisi degli odori è 40 volte più grande della nostra. Quindi, l’olfatto di un cane è tra 10.000 e 100.000 volte più acuto. Diciamo che è solo 10.000 volte meglio. Se si fa il paragone con la vista, allora quello che gli umani potrebbero vedere a un terzo di miglio, un cane potrebbe vederlo a più di 3.000 miglia di distanza—l’equivalente della distanza da una costa all’altra degli Stati Uniti.
Non c’è da meravigliarsi se i cani sono stati chiamati in causa nella guerra al Covid-19. Già nella primavera del 2020, i ricercatori dell’Università della Pennsylvania hanno iniziato ad addestrare i cani per fiutare il virus da campioni di urina e saliva. E ora questi ricercatori e altri provenienti da Italia, Germania, Finlandia e Francia, hanno lanciato dei test sul sudore umano, facendo uso appunto del fiuto dei cani.
Una delle prime sperimentazioni ha avuto sede a Milano. Si tratta di una collaborazione in corso tra l’Università degli Studi di Milano, i Carabinieri e l’Ospedale Sacco. L’ospedale ha fornito garze imbevute di sudore prelevate da pazienti Covid ricoverati. (Il virus stesso non può essere trasmesso all’uomo o agli animali attraverso il sudore.) I cani vengono quindi addestrati in due fasi: condizionamento olfattivo per riconoscere i composti organici volatili nel Covid, e quindi discriminazione olfattiva per distinguere i campioni positivi e negativi.
Un progetto simile è in corso presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Campus Bio-Medico di Roma. Se questi esperimenti si rivelassero affidabili, l’uso di cani Covid addestrati potrebbe rivelarsi un metodo di rilevamento più rapido ed economico in situazioni di grande affollamento, come una partita di calcio o un concerto rock. “Se abbiamo 1.000 persone da sottoporre a screening con un tampone antigenico, ci vorrebbero circa 20 minuti per ogni persona”, afferma Massimo Ciccozzi, professore di epidemiologia all’università. “Un cane, usando i suo olfatto, impiegherebbe 30 secondi al massimo.” Il progetto di Roma prevede di concentrarsi successivamente sui pazienti in un centro di test drive-through nel campus.
I cani anti-covid potrebbero offrire una risorsa straordinaria dove c’è un afflusso di grandi masse di persone, come eventi sportivi, manifestazioni e aeroporti. In effetti, i cani sono già stati schierati all’aeroporto internazionale finlandese di Helsinki-Vantaa per rilevare eventuali passeggeri infetti. I cani addestrati potrebbero anche essere usati per completare altri sforzi. Ad esempio, potrebbero fornire uno screening iniziale che un test di laboratorio potrebbe successivamente confermare, consentendo a una persona potenzialmente infetta di prendere precauzioni immediate.
Qual è il prossimo passo? Testare se i cani possono rilevare le varianti di COVID-19.