I traduttori ricevono raramente lo status di celebrità. Ma in questo caso, Ann Goldstein ha ricevuto tanto successo, quanto la scrittrice dei suoi libri, Elena Ferrante. La sua notorietà è sostenuta anche dal saldo anonimato di Elena Ferrante, che è in realtà solo uno pseudonimo. Apparentemente, diffidando dello status di celebrità, la Ferrante si rifiuta di fare interviste e autografi. Pertanto, Ann Goldstein è stata occasionalmente una “sostituta” dell’autrice. Le sue traduzioni in inglese, vale a dire la serie di quattro libri, hanno venduto più di un milione di copie nei paesi anglofoni. E più recentemente, la Goldstein è apparsa in discussioni virtuali su La vita bugiardi degli adulti della Ferrante sponsorizzato da Europa Editions, editore americano della scrittrice.
Come è iniziato tutto questo? Dalla metà degli anni ’70, la Goldstein ha iniziate a lavorare nel reparto di redazione del prestigioso settimanale The New Yorker, diventando capo dipartimento dalla metà degli anni ’80. In quel periodo lei e diversi colleghi prendevano lezioni serali per imparare l’italiano. Al college era rimasta incantata da Dante; nel giro di tre anni, grazie allo studio seriale della lingua italiana, ha potuto leggere completamente La Divina Commedia in lingua originale. Poi, nel 1992, la Goldstein ha tradotto un saggio di Aldo Buzzi nel libro, Cechov a Sondrio, per il settimanale The New Yorker. È stata la prima traduzione pubblicata dalla traduttrice.
Nel 2004, quando la Europa Editions era alla ricerca di un traduttore per I giorni dell’abbandono di Elena Ferrante, la società ha chiesto ai candidati di inviare pagine di prova, e Ann Goldstein è arrivata prima. Finora la Ferrante ha dato alla luce quasi una dozzina di libri e lei ne è ancora la traduttrice. I suoi colleghi e revisori lodano la sua umiltà e il suo stile di traduzione: “Le virtù di un redattore le servono molto anche per essere traduttrice … lei scompare, in un certo senso … allo stesso modo in cui un redattore è un setaccio per lo scrittore e la lingua, così lo è anche per un traduttore”. Tuttavia, tradurre implica anche essere una scrittrice e Ann lo è.
La Goldstein si descrive come una traduttrice altamente letterale, un approccio che ben si adatta allo stile di prosa idiosincratico della Ferrante. La Ferrante è nota per le sue frasi lunghe ed emotive, e lo stile della Goldstein rimane fedele ciò che l’autrice scrive in lingua originale. “Penso che il mio lavoro debba essere il più trasparente possibile in modo da far sentire la voce dell’autore. Anche se non credo sia necessario avere un’affinità per lo scrittore, ma con Ferrante ce l’ho”. Eppure, la Goldstein non ha mai incontrato Elena Ferrante. Se ha una domanda, comunica via e-mail con l’editore.
Sebbene la Goldstein sia strettamente associata alla Ferrante, è traduttrice di molti altri libri, tra cui “Le opere complete di Primo Levi”, “Petrolio” di Pasolini e opere di Elsa Morante, Giacomo Leopardi e Jhumpa Lahiri. Per la Goldstein, lavorare alle traduzioni durante la pandemia e la quarantena è stato un modo per evadere e alimentare il desiderio, cioè. “Il desiderio viene dall’essere tagliati fuori, letteralmente, dal paese della lingua per cui si lavora. Ma mentre si lavora, sei assolutamente trasportato dentro.”
In un’intervista su Corriere della sera, la Goldstein conclude dicendo: “La lingua italiana dovrebbe assolutamente essere studiata, da chiunque. Apre ad altre culture, ad altri punti di vista, per non parlare di altre letterature. Ma può anche consentire di vedere la propria lingua e cultura da una prospettiva diversa, il che può essere un’esperienza illuminante. Quindi penso che non importi da dove si parta: studiare o imparare l’italiano è prezioso”.