Artemisia Gentileschi (1593 – c. 1656) è considerata tra le più affermate artiste europee del Seicento e la più celebre pittrice dell’epoca. È stata spesso trascurata a favore dei contemporanei maschi; tuttavia, il riconoscimento dei suoi successi e la sua posizione nella storia dell’arte sono cambiati nel corso dei secoli. Nuovi documenti e la scoperta di nuovi dipinti negli ultimi 20 anni hanno migliorato la comprensione della sua produzione artistica.
Figlia del noto pittore Orazio Gentileschi, Artemisia si formò fin da piccola nella bottega del padre. Sia il padre, che la figlia furono influenzati da Caravaggio. Mentre i dipinti di Orazio sono altamente idealizzati, quelli di Artemisia sono più naturalistici. Possedeva grande abilità nel rendere le trame delle superfici e i riflessi di luce. Il suo primo dipinto conosciuto, Susanna e i vecchi, firmato e datato 1610, è estremamente definito e affronta due temi ricorrenti nella sua arte: donne eroine e il nudo femminile. Altre due opere famose sono Giuditta che uccide Oloferne, e Giuditta e la sua serva. Molte delle sue donne sembrano autoritratti o quasi.
Per molto tempo, i suoi successi come artista sono stati oscurati dalla storia del suo stupro, avvenuto all’età di 17 anni da parte di Agostino Tassi, un artista collega di suo padre. Il padre fece causa a Tassi. Durante il processo Artemisia fu torturata dalle sibille, che le strinsero delle corde intorno alle dita per verificare la veridicità della sua testimonianza. Tassi fu condannato all’esilio da Roma, ma la sentenza non fu mai eseguita. A partire dagli anni ’70 del secolo scorso, gli studi femministi aumentarono l’interesse per Artemisia Gentileschi concentrandosi sul suo stupro, sul suo maltrattamento e cogliendo un desiderio di “vendetta” nei suoi forti personaggi femminili e nella loro volontà di ribellarsi agli uomini. È vero che i suoi personaggi mancano di tratti “femminili” stereotipati, come la sensibilità, la timidezza e la debolezza. Nel tempo, l’analisi dei suoi dipinti si è ampliata per vedere il coraggio politico nelle sue figure femminili e per comprendere le sue raffigurazioni di morte e perdita.
Dopo il processo per stupro, Artemisia si trasferì a Firenze dove ebbe successo come pittrice di corte. Godeva del mecenatismo della famiglia Medici e frequentava la cerchia colta di Michelangelo Buonarroti il Giovane. Fu la prima donna ad entrare nella celebre Accademia delle Arti del Disegno di Firenze. Imparò a leggere e a scrivere a Firenze. Assistette a spettacoli musicali e teatrali, che probabilmente influenzarono la rappresentazione di figure bibliche e mitologiche in abiti contemporanei, spesso sontuosi.
Artemisia visse anche a Venezia, Londra e Napoli. Fu a Venezia che probabilmente dipinse Lucrezia, un’opera recentemente riscoperta, conservata in collezioni private fino a quando non fu acquistata dal J. Paul Getty Museum di Los Angeles nel 2021. In questo dipinto, Lucrezia emerge dall’ombra pugnalandosi al petto. Lo splendore della sua pelle, le perle tra i capelli, i ricchi tessuti contrastano con l’orrore che sta per accadere. Secondo la storia romana, Lucrezia, la moglie di un nobile, fu violentata da Sesto Tarquinio, figlio del re di Roma. Proclamando la sua innocenza, si pugnalò a morte. La rabbia e il dolore per la sua morte portarono a una ribellione che scacciò i Tarquini da Roma e segnò la fondazione della Repubblica Romana.
Lucrezia divenne uno fra i soggetti preferiti nell’arte rinascimentale e barocca, come simbolo della forza femminile. Molto probabilmente la sua storia risuonava con quella di Artemisia, che spesso dipingeva donne forti nelle sue opere. Influenzò la sua personalità artistica come pittrice indipendente e di successo in un mondo dominato dagli uomini. Artemisia si avvicinava ai suoi soggetti con grande empatia e seppe tradurre le loro esperienze in dipinti emotivamente complessi.
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