Questo post è basato sull’articolo “Light in the Palazzo” di Ingrid D. Rowland, apparso sulla rivista New York Review of Books. È il secondo, dei tre articoli sui marmi Torlonia
Nel Libro d’ Oro della Nobiltà Italiana, il nome della famiglia Torlonia appre in ritardo. I loro titoli nobiliari risalgono a soli duecento anni fa, sembra dire ieri per gli standard romani. La storia inizia con Marin Tourlonias, un mercante francese che cambiò il suo nome in Marino Torlonia, quando venne a Roma a metà del Settecento per vendere tessuti pregiati ai piedi di Piazza di Spagna. Suo figlio, Giovanni Raimondo Torlonia, entrò nell’azienda di famiglia e anche nel settore bancario, concedendo prestiti a clienti aristocratici, che acquistavano beni con prestiti, spesso garantiti da appezzamenti di terreno, alcuni dei quali proprietà feudali con titoli annessi.
L’arrivo di Napoleone nel 1798 provocò uno sconvolgimento nell’economia che, a sua volta, causò il fallimento di molti dei clienti di Giovanni Raimondo Torlonia e l’acquisizione di un impero immobiliare da parte dell’imprenditore / banchiere. Diventò così ricco, che fu riconosciuto come un patrizio romano e il suo nome fu inserito nel Libro d’Oro. Mentre la maggior parte dei titoli aristocratici ebbero origine da titoli militari, Torlonia si fece strada personalmente nella nobiltà, anche se in realtà non fu il primo. Poi, nel 1814 in segno di gratitudine per anni di sostegno finanziario, il Papa gli diede un titolo tutto suo, Primo Principe di Civitella Cesi. Giovanni Raimondo Torlonia era ora padrone immobiliare a Roma e dintorni, in Toscana, in Umbria e nelle montagne d’Abruzzo. A Roma acquistò e ristrutturò diversi palazzi neoclassici e li decorò tutti con statue antiche e arte moderna.
Fu il secondo figlio di Giovanni Raimondo, il principe Alessandro, ad accrescere il loro vasto patrimonio di sculture acquistando intere collezioni. Il principe Alessandro acquistò anche un edificio industriale a Roma in Via della Lungara e lo trasformò in un museo. Il nuovo Museo Torlonia con settantasette sale sorgeva di fronte a un punto di riferimento della Roma rinascimentale: la villa suburbana del banchiere mercante Agostino Chigi, anche questo un palazzo pieno di arte antica. Il museo venne aperto nel 1876, ma solo per i visitatori iscritti nel Libro d’Oro. La vasta collezione del principe Alessandro rimase segreta, per la maggior parte, fino alla mostra odierna, del 2021, composta di 92 capolavori, è stata presentata a Palazzo Caffarelli nei Musei Capitolini di Roma.
Anche il catalogo della mostra “Marmi Torlonia: Collezionare capolavori” svela una triste vicenda novecentesca sull’intera collezione di 620 statue, sarcofagi, busti, vasi e rilievi. Nel 1968, il pronipote del collezionista originale, un altro principe Alessandro Torlonia, ricevette il permesso per riparare il tetto del vasto museo privato della famiglia. Il principe Alessandro fece erigere un recinto di costruzione attorno al Museo Torlonia e trasformò le sue gallerie in 93 mini appartamenti. Ammassò le antichità sfollate in tre diversi magazzini a Roma, “impilate una sopra l’altra come spazzatura”, queste le testuali parole di un giornalista. Nel 1977 un magistrato romano accusò il principe Alessandro di costruzione illegale e danneggiamento del patrimonio culturale, accuse che diedero allo stato la possibilità di sequestrare l’edificio e anche la collezione. Ma, come troppo spesso accade, il termine di prescrizione scadde e tutto venne restituito al proprietario. Tuttavia, l’accusa di danni al patrimonio culturale italiano è andata alla Corte Suprema del paese, che ha stabilito nel 1979 che “il trasferimento [al deposito] ha inflitto danni materiali e immateriali alla collezione” e che le statue sono state conservate “in spazi angusti, inadeguati, quartieri pericolosi … condannati a morte certa da un punto di vista culturale “. Il principe Alessandro rispose lasciando che i marmi Torlonia continuassero a languire sotto un crescente strato di polvere, avvolti nella plastica e nell’incuria totale.
Per decenni lo stato italiano ha cercato di raggiungere un accordo con la famiglia Torlonia per esporre o vendere le opere. I negoziati sono falliti, fino a quando nel 2016 non è arrivata una svolta con un accordo per allestire l’attuale mostra, cioè quella del 2021. Il principe Alessandro è morto nel 2017, ma ha creato una Fondazione gestita dal nipote per gestire il patrimonio artistico di famiglia. Secondo Ingrid Rowland, come scrive sulla rivista New York Review of Books, il catalogo della mostra si addice all’occasione epocale: è elegante, informativo e completo sotto ogni aspetto tranne uno: al principe Alessandro è stato concesso il beneficio dell’antica regola romana de mortuis nihil nisi bonum, “dei morti niente (si dica) se non bene”, cioè è socialmente inappropriato parlare male dei morti perché non sono in grado di giustificarsi.