Nel gennaio 2019, un video delle Gallerie degli Uffizi a Firenze mostra il proprio direttore mentre appone drammaticamente una foto, in bianco e nero di un dipinto, sul muro di una galleria. Intorno alla foto, in grassetto rosso, ruota la parola “rubato” in tedesco, in italiano e in inglese insieme a una didascalia che spiega che l’opera d’arte originale fu rubata dai soldati nazisti durante la seconda guerra mondiale.
Il dipinto si intitola “Vaso di fiori”, una natura morta, capolavoro di Jan van Huysum. Si tratta di un olio su tela, cm 47 x 35. Il granduca Leopoldo II di toscana lo acquistò nel 1824 per esporre insieme ad altre nature morte olandesi all’interno della Galleria Palatina appena fondata a Palazzo Pitti. Fu esposto nella sala dei Putti di Palazzo Pitti, che è oggi gestito dagli Uffizi.
Al suo posto oggi c’è la fotografia provocatoria, che fa parte della campagna mediatica degli Uffizi per sollecitare la Germania a restituire il dipinto rubato. Eike Schmidt, il primo direttore straniero degli Uffizi è lui stesso tedesco ed ha fatto un lungo appello su Twitter “Appello alla Germania del 2019”, dicendo fra le altre cose che “la Germania ha il dovere morale di restituire questo dipinto al nostro museo”. Le richieste digitali includono hashtag provocatori come #Nazis e #Wehrmacht.
Il dipinto è da sempre nelle mani di una famiglia tedesca che è probabilmente legata al soldato che rubò il dipinto durante la guerra. Per decenni ci sono state diverse trattative tra le autorità italiane e gli agenti della famiglia. L’anno scorso (nel 2018) un rappresentante della famiglia tedesca si è offerto di restituire l’opera d’arte in cambio di circa 500.000 euro.
Ciò ha provocato molta indignazione. I pubblici ministeri italiani e un nucleo speciale dei Carabinieri che indagano sui furti d’arte, hanno aperto indagini sull’esportazione del dipinto da quando è stato prelevato dall’Italia nel 1944. Stanno anche valutando se la richiesta di denaro da parte della famiglia tedesca possa essere considerata un’estorsione. “Ciò che appartiene allo Stato italiano deve essere restituito allo Stato italiano”, ha dichiarato il comandante dei carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. E Schmidt ha affermato con fermezza: “Stiamo cercando di convincere la famiglia tedesca a capire che non siamo in una posizione legale per comprare qualcosa che secondo le leggi italiani e internazionali già possediamo”.
L’appello si è ora trasferito al governo tedesco, che non ha ancora risposto. Secondo la legge tedesca, le rivendicazioni legali per beni rubati non possono essere presentate dopo i 30 anni dal reato commesso. Per lo statuto tedesco, inoltre, se l’opera d’arte è in mani private, non esiste alcuna legge per forzare la sua restituzione o per richiedere l’intervento del governo. Difatti per molti anni Israele e alcuni gruppi ebraici hanno fatto notevoli pressioni sulla Germania ottenendo la restituzione di oggetti saccheggiati nell’era nazista, ma questo purtroppo è solo un’eccezione che non è mai diventata legge.
Schmidt sostiene che generare pubblicità sull’opera “Vaso di fiori” dovrebbe rendere difficile la vendita del dipinto da parte della famiglia tedesca. “Grazie alla foto drammatica nel sala dei Putti, la gente saprà sempre che quest’opera d’arte è stata rubata e grazie anche alla pubblicità sui social nessuno in futuro potrebbe dire: ‘Ho acquistato questa opera d’arte in buona fede’”.