L’Italia è conosciuta come uno dei paesi più ricchi del mondo in termini del numero di dialetti. Unificata per solo quasi 150 anni, l’Italia è stata un crocevia di popoli e culture diverse nel corso della sua storia. Ogni regione ha il suo proprio dialetto unico, che si differenzia dall’italiano standard (fiorentino) in suoni e ortografia, grammatica, sintassi, e vocabolario.
Qual è la differenza tra una lingua e un dialetto? Non c’è una definizione universalmente accettata. Uso popolare suggerisce che le lingue sono scritte, sono standardizzate, e hanno una letteratura, mentre i dialetti sono orali, non hanno regole codificate, e non hanno una letteratura. Ci sono diverse obiezioni a questa distinzione. In primo luogo, c’è la letteratura orale; l’Illiade e l’Odissea probabilmente sono nate come poesie memorizzate. In secondo luogo, il termine “dialetto,” in questo contesto suggerisce che è meno sofisticato o è più semplice. Eppure ci sono dialetti che sono più grammaticalmente complicati che lingue.
C’è un famoso aforisma di Max Weinrich, un linguista Yiddish, che ha detto, “una lingua è un dialetto con un esercito e una marina.” Questo suggerisce distinzioni sociali e politiche. Hong Kong afferma che il cinese (il mandarino) e l’inglese sono le due lingue ufficiali. Il cantonese, che è ampiamente parlato là, è considerato un dialetto.
I linguisti utilizzano la distinzione di “mutua intelligibilità.” Se si può capire un discorso senza istruzione, è un dialetto della propria lingua. Se non è possibile, è una lingua distinta. In altre parole, se due tipi di linguaggio sono abbastanza vicini in modo che due persone possono avere una conversazione e capirsi, sono dialetti di un lingua unica. Con questo criterio, il cantonese è un linguaggio perchè chi parla il mandarino non può capirlo. Eppure, i parlanti dello svedese, danese, e norvegese possono conversare tra di loro, ciascuno nelle loro lingue native, senza prendere lezioni. Quindi, questi linguaggi assomigliano più a dialetti che a una linguaggio. Ma perchè sono parlati in nazioni diverse, sono chiamati lingue.
Torniamo in Italia, dove i dialetti parlati sono per lo più nei villaggi e nelle zone rurali oggi. Sono più vivaci in alcune regioni, come il Veneto e nel Sud Italia. Alcune regioni, come la Sardegna e il Friuli, hanno stabilito i loro dialetti locali come una lingua ufficiale. Più lontano uno si sposta da Firenze, tanto più il dialetto varia. Nel dialetto romanesco, per esempio, l’articolo determinativo “il” diventa “er” e il pronome articolato “in + il = nel” diventa “ner.”
Ecco un altra esempio: L’italiano standard: “I bambini giocavano nel parco. Un ragazzo era sulla scala, è caduto e si è rotto la gamba.” Nel dialetto Calabrese è: “I cotrari stavanu yocandu n’to parcu. Nu cottraru era suppa scala e catti, e si ruppia la gamba.” Molte parole sono irriconoscibili per i non iniziati. Ecco il mio amico, Joel Garbarino, con una maglietta che dice, “Mi sun zeneize,” che nel dialetto ligure significa “Io sono Genovese.”
I dialetti hanno usi importanti in queste regioni. Sono utilizzati per esprimere i sentimenti. E sono utilizzati in determinati contesti. Per esempio, una persona che ordina il caffé in un bar locale o che saluta un amico sulla strada sembrerebbe freddo se usasse l’italiano standard. O, se qualcuno ricevesse una telefonata nella presenza di altri, potrebbe evitare il dialetto per comunicare che non può parlare apertamente.
Per la maggior parte, la lingua italiana deriva dal latino, ma è influenzata dai paesi europei settentrionali e meridionali. La Sicilia, d’altra parte, è più influenzata dal greco e dall’arabo; quindi “ragazzi” diventa “carusi” dal greco “kouri.”