
A Campo Santi Giovanni e Paolo
Mentre si cammina per Venezia e si ammira la sua architettura, non si può fare a meno di notare i meravigliosi pozzi architettonici in quasi ogni grande campo. Erano ingegnose opere d’arte e di ingegneria progettate per fornire acqua potabile agli abitanti che, ironicamente, erano circondati dall’acqua.
I pozzi di Venezia non erano veri pozzi perché non attingevano acqua dagli acquiferi sotterranei. Erano cisterne sotterranee progettate per raccogliere e filtrare preziose acque piovane, e servivano i veneziani dal V secolo fino al 1884 quando l’acqua venne pompata dalla terraferma.
La costruzione era sia complessa che costosa. Costruttori altamente qualificati noti come Pozzeri, insieme a muratori, supervisionarono lo scavo delle cisterne. I figli seguirono padri e nonni nell’affare. Era un commercio importante e molto apprezzato.
Prima fu selezionata una vasta area; quindi, i pozzi furono costruiti nei campi o corti di Venezia. L’area fu scavata a una profondità di 5 o 6 metri sotto il piano terra e il livello del mare. La rientranza fu imbottita con uno strato impermeabile di argilla per impedire l’infiltrazione di acqua salata e la dispersione di acqua fresca dal serbatoio. Al centro c’era un cassone o canna da pozzo che formava il pozzo; qui è dove gli abitanti locali immergevano i loro secchi per ottenere acqua fresca. Il resto della rientranza era pieno di sabbia e ghiaia. Ogni strato consisteva in una pietra di diverse dimensioni che creava un filtro graduato. Poi 2 o 4 pilelle furono costruite vicino al bordo della rientranza per raccogliere l’acqua piovana il più lontano possibile dal cassone centrale in modo che l’acqua potesse essere purificata attraverso i vari strati di sabbia.

A Cà d’Oro
La gloria suprema era la vera, che era un’opera d’arte di per sé. Le prime furono costruite con pietre prese da antiche rovine romane: capitelli, sezioni di pilastri e urne cinerarie furono adattate per essere utilizzate anche come vere. La Repubblica di Venezia incoraggiò l’aristocrazia a partecipare alla costruzione di pozzi di acqua piovana; in cambio lo stemma o le iscrizioni della famiglia sarebbero state scolpite nelle vere. L’amministrazione di Venezia sviluppò anche un sistema per controllare e mantenere i pozzi.

A Palazzo Ducale
I pozzi erano coperti da pesanti coperture di ferro e chiusi a chiave per gran parte della giornata. A volte solo il prete locale teneva la chiave per sbloccarli due volte al giorno, mattina e sera, al rintocco del campanello che chiamava i residenti a riempire i loro secchi. Al culmine della prosperità veneziana, c’erano oltre 6.500 pozzi. Mentre oggi non sono in funzione, circa 600 rimangono nei campi veneziani come testimonianza della storia e dell’arte di questa meraviglia dell’ingegneria, che forse potrebbe essere adattata oggi nelle aree del mondo che soffrono la siccità.

A Chiostra della Santissima Trinità dentro Santa Maria dei Frari